ESSERE MALATI DI COVID 19
La testimonianza di Raffaele Guadagno.

coronavirus covid-2019 Girl in mask https://www.vperemen.com / CC BY-SA 4.0

TODI- L’emergenza sanitaria Covid-19 ha sconvolto le nostre vite, i nostri progetti e la quotidianità di tutti i giorni lasciandoci un segno indelebile. L’Italia è stato uno dei paesi più colpiti, il virus ha oltrepassato ogni confine, fino a contaminare amici, conoscenti, familiari o addirittura noi stessi.

Cosa si prova a dover lottare, spesso a costo della vita, contro questo male? Per poter comprendere, almeno in parte, coloro che sono stati infettati e conoscere quali sensazioni hanno provato, Sottob@nco ha pensato di riportare la testimonianza di Raffaele Guadagno, che ha acconsentito volentieri a raccontarci la sua storia.

Raffaele Guadagno (56 anni), di origini napoletane, vive a Todi e lavora alla Procura della Repubblica di Perugia. In passato si è occupato della Direzione Distrettuale Antimafia. Ha pubblicato un libro, “Il divo e il gironalista. Giulio Andreotti e l’omicidio di Carmine Pecorelli: framenti di un processo diemnticato“, scritto a due mani con Alvaro Fiorucci, e il prossimo è in fase di produzione.

Quattro anni fa ha avuto un ictus che gli ha rivoluzionato la vita. Dopo questo evento ha fondato un’associazione per aiutare le persone colpite e soprattutto i loro familiari, che non di rado necessitano di supporto per affrontare questa dura realtà. Abbiamo avuto con lui un meeting online, dove ha dichiarato in un’intervista la sua esperienza covid-19.

In che modo ha contratto il covid-19? 

In quel periodo mi trovavo a Napoli per motivi familiari. Lì ho partecipato a una Santa Messa, dove si rispettava il numero consentito di persone all’interno della chiesa e successivamente sono stato con i miei parenti nella casa di famiglia. Mia madre presentava in quei giorni un po’ di febbre ma, vista l’età, io e miei fratelli non abbiamo dato troppo peso alla cosa. La mattina seguente sono partito per Novara, dove faccio fisioterapia due volte l’anno. Dopo essere tornato a Todi, la notte stessa, ho avvertito alcuni sintomi : febbre -temperatura 37.8- difficoltà a muovermi , mancanza di forze. Così sono stato a riposo due giorni e mi sentivo frequentemente con la mia famiglia a Napoli. In seguito mia sorella mi ha detto per telefono che mia madre era risultata positiva al covid e infatti stava molto male; di conseguenza ho supposto che anche io avrei potuto esserlo allo stesso modo. Sono rimasto a letto con la mancanza di forze, immobile e con il respiro affannoso. Quindi abbiamo contattato il medico che, venendo a casa, ha riconosciuto subito in me i sintomi del covid-19 e la mattina seguente sono andato a fare il tampone, che è risultato positivo. Inizialmente volevano ricoverarmi perché avevo una saturazione molto bassa, ma poi sono venuti a casa due operatori USL che mi hanno portato l’ossigeno per respirare meglio.

Ai sintomi iniziali poi se ne sono aggiunti altri: respirazione piuttosto affannosa, tosse e  impossibilità di sentire i sapori e gli odori; tutte le bevande sembravano la stessa cosa.

Raffaele Guadagno


Che sensazioni ha provato durante questo periodo?

Nelle prime due settimane, quelle più critiche, provavo un’incessante sensazione di ansia. Quando mi svegliavo speravo sempre che il livello di saturazione non scendesse mai sotto i 90 perché sotto questo valore avrebbero proceduto con il ricovero immediato. Infatti si è constatato che questa malattia passa da uno stadio leggero a uno grave in un batter d’occhio. La paura che il livello di saturazione scendesse era tanta, soprattutto per me che sono un soggetto fragile. Inoltre ero recluso in casa e avevo allontanato sia mia madre che mia suocera perché temevo molto che peggiorasse il loro stato di salute. Prima di tornare tra le braccia della mia famiglia ho rifatto anche il terzo tampone per essere più sicuro e stare tranquillo.

Come ha trascorso il tempo nel corso della quarantena?

La prima settimana non avevo le forze di fare nulla, sono rimasto a riposo. Dormivo poco perché ero preoccupato ed ero assillato dal pensiero di poter soffocare durante la notte. Successivamente ho ripreso a lavorare al computer e a scrivere, ma assai gradualmente. Io e mia moglie eravamo sempre connessi alla tv , per essere aggiornati.

Cosa le è mancato di più durante la reclusione?

Mi è mancato camminare all’aria aperta, per me è un’attività importante perché mi aiuta molto. Poter vedere gli amici, anche solo per un saluto; pur sentendoli al telefono non era la stessa cosa. Avevo bisogno di sentire profumi, odori, di percepire il calore del sole e la sensazione che si prova all’esterno respirando un po’ d’aria fresca.

Durante queste settimane, era ottimista per la guarigione o ci sono stati momenti in cui ha pensato al peggio?

Sicuramente i quattro anni spesi a combattere l’ictus, in cui mi trovavo in bilico tra la vita e la morte, e tutto il percorso riabilitativo mi hanno aiutato. Speravo di avere le forze per superare anche questa fase.

Da cittadino, pensa che lo Stato, in ambito generale, abbia fatto tutto quello che poteva?

Indubbiamente lo Stato ha fatto il possibile per aiutare il popolo italiano con i mezzi di cui poteva disporre, ma allo stesso tempo ha un po’ sottovalutato la seconda fase e anche noi abbiamo sbagliato con il nostro atteggiamento al termine della fase di lockdown iniziato a marzo. Da questo punto di vista potevano fare di più. Basti guardare come altri Paesi hanno gestito la pandemia, per esempio la Germania, e troviamo molte differenze con l’Italia, che ha infatti investito poco. Va detto comunque che nonostante il nostro Paese non fosse attrezzato adeguatamente, specie nella prima fase, i medici e i volontari hanno fatto miracoli.

Dopo la guarigione, come ha ripreso in mano il controllo  della sua vita?

Innanzitutto, dopo essere guarito, sono rimasto a casa ancora per un’altra settimana, poiché alcuni sintomi permanevano. I sensi del gusto e dell’olfatto sono tuttora fortemente indeboliti, e mi resta difficile camminare, alquanto faticoso. Non mi sento immune completamente, per questo sto continuando con lo smart working e cerco di indossare sempre la mascherina, anche doppia se necessario. Per il bene degli altri evito di avere contatti. Posso però dire che piano piano sto riprendendo possesso della mia vita.

Quale messaggio vorrebbe trasmettere a noi giovani?

Ai giovani direi che capisco perfettamente che vi manca il contatto, molto importante alla vostra età, ma ora dobbiamo essere uniti per superare tutto, dal momento che dobbiamo ancora a lungo convivere con questo virus. Da giovani infatti ci si sente invincibili e non si pensa mai al peggio o che possano verificarsi circostanze tragiche come questa, ma in una tale situazione bisogna cercare di adattarsi, cambiare abitudini e stare molto attenti Per noi e per le persone che amiamo.

Costanza Carelli e Matilde Tribolati

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