VIAGGIO NEL TEMPO? SOLO “FINCHÈ IL CAFFÈ È CALDO”

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“Un tavolino, un caffè, una scelta. Basta solo questo per essere felici”.

FINCHÈ IL CAFFÈ È CALDO, il romanzo esordio di Toshikazu Kawaguchi ha conquistato i lettori di tutto il mondo creando il perfetto equilibrio tra il peso delle occasioni perdute e lo charme del mistero.

Piccola perla della letteratura giapponese, Finché il caffè è caldo è uscito nel 2020, ha venduto oltre un milione di copie in Giappone e a pochi giorni dall’uscita ha conquistato tutto il mondo e le classifiche europee.

Chi di noi non ha provato dell’amara nostalgia ripensando ad un’occasione perduta? E quanti di noi vorrebbero effettivamente tornare indietro per rivivere quel momento?

Ebbene, nella creazione di Toshikazu tornare indietro nel tempo diventa possibile, in una caffetteria un po’ particolare, situata al piano interrato di una stradina nascosta.

Il locale arredato in stile retrò non ha finestre e sulle pareti sono appesi tre orologi che segnano ore diverse…

Siediti su una sedia ‘speciale’, non muoverti, e ti verrà offerta la possibilità di catapultarti nel passato nell’esatto momento in cui identifichi il tuo più grande rimpianto o la scelta più sbagliata della tua esistenza.

Ma va tenuto conto di un  limite invalicabile, la “regola” a cui sottostà il viaggio a ritroso nel tempo: qualsiasi cosa si compia  nel passato  non ci sarà  nessun cambiamento nel presente.

E altre ancora sono le  regole ferree che devono essere seguite. 
Il viaggio nel tempo è possibile una sola volta ed è necessario essere seduti su una particolare sedia del locale, che non è così facile da raggiungere data la presenza di una donna fantasma che vive nella caffetteria e che si alza dalla sedia in questione  una sola volta al giorno per andare al bagno, e sempre ad un’ora diversa.
Bisogna poi scegliere il momento preciso in cui tornare nel passato così da  essere certi di incontrare la persona che si vuole rivedere mentre si trovava nel caffè, perché le uniche persone che si possono incontrare nel passato sono quelle entrate nel caffè.
Ultimo ma non per importanza, la durata del viaggio è limitata a quella del caffè che viene servito e che è da consumare  finché è caldo.

E se qualcuno decidesse di non seguire queste regole? Farebbe la fine della donna  fantasma che occupa costantemente quella sedia e che sembra essere nell’intenzione di leggere un libro.

A causa di tutti questi rischi e limiti non sono  molti, si capisce,  quelli a voler tornare indietro.

Ma c’è chi affronta il rischio:  chi è fermo nel passato e non desidera null’altro che poter parlare un’ultima volta con quella particolare persona, in quel particolare  momento, in cui si condensa  il più grande rimpianto di tutta una vita.

Il lettore è chiamato con leggerezza ed efficacia a comprendere prima di tutto che rimanere ancorati nel passato è un rischio in cui ognuno di noi può incorrere. E che è importante a volte  lasciarsi alle spalle il passato, quel passato che può essere come un pesante masso che grava sulle nostre spalle e che non ci permette di percorrere serenamente il cammino della vita. Proprio per questo è meglio provare a “rivivere” il vissuto, rielaborarlo, forse anche perché così sarà più facile  liberarsene, o quanto meno accettarlo, a livello profondo,  nel presente.

Affrontare questo viaggio cambia radicalmente i protagonisti delle quattro storie narrate,  e a chi lo vive dà la possibilità di  tornare al proprio presente con una totale consapevolezza.     Certo, per qualcuno ciò può comportare  una maggiore tristezza ,  perché a volte può essere meglio, nel presente,  ignorare certi eventi passati, o nutrire dei dubbi su di essi, piuttosto che avere la certezza di come sono effettivamente andate le cose: ma la tristezza che viene da un dubbio risolto, anche in questo caso  può preludere ad una sorta di liberazione o più compiuta accettazione.
Una cosa è certa per tutti i viaggiatori della storia, prima di sedersi su quella seggiola:  comunque vada si tornerà cambiati,  radicalmente.  Ognuno per le sue ragioni.

E i rimorsi non sono certo i protagonisti del romanzo,  lo è anzi il valore delle scelte già operate e di quelle  che ancora si devono operare ( perché sapere il passato aiuta a orientare il presente e il futuro).
Ora,  tra le nostre  mani, abbiamo il presente, in cui agire, e il passato non lo si può comunque cambiare: è questa una  banale verità, ma che viene ripercorsa e riscoperta in tutta la sua sorprendente efficacia grazie alle  parabole esistenziali che Toshikazu ci spinge a percorrere.

In sostanza, è giusto il titolo, che a fine lettura si comprende meglio in tutte le sue implicazioni:  “la vita, come il caffè, va gustata sorso dopo sorso, cogliendone ogni attimo”.

L’autore invita il lettore a riflettere sulle sue scelte e a bere il suo caffé finché è caldo, di gustarlo pienamente proprio finché è caldo, perché non può perdere il suo presente, che fa presto a freddarsi, per colpa del passato.

Scienza antica, questa, e propria anche della nostra tradizione latina, ma proprio per questo ringraziamo l’autore che ce la riporta davanti agli occhi .  Orazio,il cultore dell’attimo che va vissuto senza pensare troppo a ciò che sarà, disse anche: “Una delle peggiori tragedie dell’umanità è quella di rimandare il momento di cominciare a vivere”. E così ricordava il buon Seneca al volenteroso Lucilio…
Il presente è ciò che di più bello ci viene regalato, proprio come dice un noto detto che dovremmo tutti fare nostro: “Ieri è storia, domani è un mistero ma oggi è un dono, per questo si chiama… presente.”

Chiara Rossi

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