LA NUOVA VITA DI VITALIA

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Vitalia, una giovane donna di origini siciliane, racconta la sua storia, impressa dal segno doloroso dei disturbi alimentari: afferma che in Sicilia non ha trovato l’aiuto di cui aveva bisogno, perciò ha effettuato diversi ricoveri fuori regione fino ad arrivare a Todi nel 2018, facendo un primo ricovero a Palazzo Francisci e al Nido delle Rondini, per poi tornare nuovamente nel 2020 a causa di una ricaduta.

Da luglio di quello stesso fino a qualche giorno fa è stata ricoverata al Centro Diurno. Da pochi giorni, infatti, ha terminato il suo percorso ed è stata dimessa.

Vitalia, cosa vuoi dirmi di te?

Ho 32 anni, a 14 anni ho iniziato ad avere il disturbo alimentare e a 18 ho dovuto fare un ricovero urgente, poiché la mia situazione inizialmente era stata sottovalutata dai miei genitori, pensando che la causa fossero gli effetti del periodo adolescenziale… Ora sto meglio, sono laureata in Psicologia ed ho conseguito anche un Master.

Vitalia

Puoi dire a parole tue cosa sono per te i disturbi del comportamento alimentare?

Possono essere definiti come le nuove forme di depressione che non riguardano assolutamente il corpo come più si crede, ma l’anima: tra i comportamenti e gesti più noti abbiamo il rifiuto costante del cibo, il senso di dispercezione (cioè il corpo viene percepito diversamente da com’è realmente) e il controllo sempre presente su ogni cosa, dall’attività fisica al cibo e alle relazioni.

Quando ne hai avuto la consapevolezza, hai temuto che amici, familiari ed altre persone ti avrebbero osservata in modo negativo?

No, perché il disturbo alimentare causa l’effetto della “luna di miele”, cioè quel senso di onnipotenza per il quale avevo tutto sotto controllo. Rappresentava un senso di ribellione, con il risultato che quando arrivavo agli obiettivi che mi ero prefissa in verità non facevo altro che peggiorare la mia situazione fisica e mentale, arrivando al punto di perdere tanto peso. Non mi importava nulla delle opinioni degli altri, anche quando mi dicevano che stavo sbagliando o che mi facevo male.

Il Nido delle Rondini

Come ci si sente a convivere con questi disturbi?

Purtroppo ci sono le conseguenze negative del caso: ci si chiude alle relazioni con gli amici, per esempio si evita di andare a cena con loro poiché non puoi avere il controllo sul cibo che dovrai mangiare e non riesci a consumare i pasti con altre persone perché ti vergogni di farti vedere a mangiare, per la paura di essere giudicata; negli anni successivi diventa straziante che i sintomi, così come il comportamento, peggiorino sempre di più; alla fine, quando raggiungi l’apice e ti rendi davvero conto che è terribile essere schiavo della malattia vorresti liberartene, ma in fondo è ciò che difende dalla paura di quello che il mondo rappresenta, è come un recinto in cui dentro ti senti protetto. Ad alcune ragazze con l’anoressia nervosa capita di passare alla bulimia, in cui cominciano ad avere una reazione di rigetto: cioè avranno delle reazioni incontrollate in cui si abbuffano con il cibo, per poi vomitarlo consapevolmente.

Quali difficoltà hai incontrato all’inizio, nel momento in cui dovevi imparare a gestirli?

Non ho avvertito difficoltà perché non ho ascoltato nessuno, ma se l’avessi scoperto prima avrei chiesto probabilmente aiuto. Nell’anno 2018-19 sono stata ricoverata al Francischi (Centro Disturbi del Comportamento Alimentare di Todi) e poi sono passata al Nido delle Rondini. Qui al Centro Diurno sono seguita da un équipe multidisciplinare dove sto effettuando un lavoro sia sul piano psicologico che nutrizionale, in cui sto imparando ad affrontare le difficoltà e a gestire e scegliere autonomamente i pasti soprattutto in previsione del mio rientro a casa.

Altre ragazze de Il Nido delle Rondini

Quale consiglio o messaggio, basandoti sulla tua esperienza, rivolgeresti ai giovani/alle giovani?

Quando ci sono quei campanelli d’allarme che possono far pensare ai primi sintomi, chiedete subito aiuto. Non aspettate finché è troppo tardi, perché la cosa peggiore è che noi pensiamo di riuscire a risolvere le difficoltà da soli mentre invece non è così, ed è giusto essere aiutati. All’inizio, essendo laureata in Psicologia, ho pensato di assistere sostenendoli coloro che hanno avuto il mio stesso vissuto; poi, parlandone con la mia psicoterapeuta, mi sono convinta che sarebbe stato meglio di no; ho già sofferto per così tanti anni… Potrei aiutare negli ospedali, invece, le persone con l’Alzheimer, il Parkinson e altri tipi di disturbi mentali. Spero di uscirne senza danni, così da poter fare finalmente una vita completamente autonoma. È di vitale importanza che l’anima, avendo bisogno di un corpo, risieda appunto in un corpo che va amato e trattato bene.




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