ERNESTO PINI, L’ANIMA DI VIA DEL DUOMO

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La storia recente di Todi è caratterizzata da grossi cambiamenti dovuti soprattutto al boom economico e al forte sviluppo tecnologico degli ultimi decenni.  La Todi che conosciamo oggi è completamente diversa da quella di qualche decennio fa. La nostra città oggi è una città viva, per il turismo, per gli eventi e per i festivals che vengono celebrati in piazza soprattutto durante l’estate. Il suo fascino ha conquistato centinaia di turisti italiani e stranieri che hanno deciso di diventare “tuderti di adozione”, ma… com’era prima la nostra città?

Beh, se volessimo saperne di più, per raccontarcela non esisterebbe persona più adatta di Ernesto Pini: ex barbiere, uno dei volti più conosciuti a Todi in assoluto, che con la sua bottega ha attraversato un’ epoca intera ed ha tagliato i capelli a diverse generazioni di tuderti.

Quest’oggi ho avuto il piacere di intervistarlo nella sua ex bottega, a cui Ernesto negli ultimi anni ha ridato vita, convertendola in un vero e proprio museo della storia cittadina: ora si chiama “Magazzino 18” ed  entrarci è un tuffo in un’altra epoca. Ernesto ha conservato tutto: antichi documenti sulla città, foto d’epoca, ritagli di giornale, oggetti vintage e tantissime altre cose.

Appena arrivato mi mostra un album fotografico della Todi degli anni ’60 e mi racconta qualche aneddoto di un borgo che non c’è più.

In che anno ha aperto la sua Bottega a Todi?

“La mia prima bottega è stata in via Mazzini, dal barbiere Latterini, era il 1960; dal ’60 all’80 sono stato in via Mazzini e dall’80 mi sono trasferito qui in via del Duomo”

Todi oggi e Todi nel passato, cos’è cambiato? Cos’è rimasto? Abbiamo fatto passi in avanti o indietro?

“Io sono sempre ottimista su queste cose. Nella mia vita c’è molto passato ed ho tanti ricordi, però ho sempre pensato al futuro, in prospettiva del domani e di come dovrebbe essere. Icambiamenti ci sono stati e ora ci sono nuove generazioni. Ad esempio il mio mestiere non è finito, ma si è rinnovato, ora non ci sono quasi più barbieri e sono tutti parrucchieri, è un mestiere più completo e c’è più margine di lavoro.”

Se dovessimo raccontare tutti gli eventi che lei con la sua bottega ha vissuto staremmo qua per tre mesi: quali sono stati i più importanti e determinanti che lei ricorda?

“Dal ’60 a oggi ne ho vissuti tanti di eventi!Il più grande qui a Todi era la mostra dell’Antiquariato- che ha avuto le sue vicissitudini per come è andata a finire- ma io sono convinto che è stato quello che più di tutti ha lanciato Todi”

La mostra dell’antiquariato nel 1982 fu interrotta dal tragico incendio del Vignola: data anche la vicinanza con il Vignola lei come ha vissuto quell’evento?

“Io quel momento l’ho vissuto perché nell’82 già mi ero spostato qui, per cui quella domenica mattina non posso dimenticarmela, e  quello è stato un evento che ha limitato completamente Todi.”

“Magazzino 18”: come è nata questa iniziativa, da dove viene il nome e in cosa consiste?”

“Nasce durante l’epidemia di Covid. Sono in pensione già da molti anni e non volevo disfarmi di questo negozio che è sempre stato la mia vita, allora ho pensato di portare qua tutti i miei ricordi accumulati negli anni per farli rivivere. È il frutto di un accumulo di tutti i miei ricordi, di un’esistenza intera, e si può considerare come una sorta di museo. Il nome viene da un Musical di Cristicchi, “Magazzino 18”, appunto: racconta le persecuzioni degli Italiani in Istria nel secondo dopoguerra, i quali, costretti ad abbandonare le proprie case, portarono via i propri effetti personali ed i loro ricordi, e li riponevano in questo particolare magazzino 18.”

Nel 1991 il prof. Levine dell’università del Kentucky dichiarò Todi la città più vivibile del mondo, ad oggi crede sia ancora così?

“Ti racconto una storia: Levine abitava qua in piazza, una volta venne mandato qui dall’allora sindaco Buconi che lo indirizzò da me dicendogli che sapevo tutto su Todi.  Lui si presentò da me e mentre gli facevo i capelli mi fece  tantissime domande sulla città.  Io ci andai a nozze e gli elencai tutto ciò che sapevo in modo dettagliato.  Successivamente uscì l’articolo e  ci portò una grandissima pubblicità e notorietà, però penso che non abbiamo saputo cavalcarla bene perchè ci fu parecchia speculazione su questa cosa, ed è vero che a Todi si vive bene,   ma la città va migliorata: vanno costruite nuove infrastrutture che mancano da molti anni, ad esempio. Nel futuro vedo l’Umbria come città, non ci vedo i piccoli comuni, e  per far sì che accada serve migliorare la mobilità. Il nostro sarà un futuro turistico: la città è dei Tuderti  ma anche  il turista è un ospite da rispettare “.

Un augurio per il futuro, allora e un grande grazie a Ernesto, a tutto il suo lavoro e a quelli come lui che  sono i principali testimoni di una Todi che sta inevitabilmente scomparendo. Ed Ernesto, col suo “Magazzino 18” , ha voluto rendere la sua testimonianza qualcosa di materiale e visibile a tutti. Proprio un bell’esempio di amore per la sua città, che sarebbe bello seguissimo tutti. 

Vorrei concludere però questo articolo pubblicando degli stralci di  una lunga lettera scritta da Ernesto e indirizzata, pensate, ai giovani!  Lui me l’ha regalata e la cosa migliore che possa fare è condividerla: la lettera di un cittadino ai cittadini, di uno che di passato ne ha tanto a chi in gran parte deve ancora costruirselo.

Lettera aperta ai giovani tuderti, di Ernesto Pini ( estratti).

Già dal ‘200 Todi viveva con una “cappa iacoponica” in testa. Settanta anni fa eravamo ancora in pieno Medioevo. Erano pooche le famiglie elette, la maggioranza era fatta di un’infinità di contadini e artigiani con una marea di figli. Il divertimento più grande era “fare a sassate” […] 

La domenica gli “eletti”, tra cui le “satolle”, frequentavano la Piazza, il Caffè e il Teatro. Anche il popolo andava in Piazza, ma solo per vedere chi leccava il gelato, e sostava davanti al Teatro, soprattutto in occasione del Veglionissimo dell’Umbria, per strofinarsi gli occhi davanti ai vestiti luccicosi e scollati delle donne locali e di quelle che venivano persino da Perugia, Terni, Roma, Firenze, Napoli, Bologna […]

Ragazzi, in piazza c’è sempre un gruppetto , quelli sono i miei amici, hanno capito come se campa, se soffermano a guardà el tramonto e l’alba, e non è poco. Dimenticavo… con Iacopone eravamo dello stesso rione, abbiamo steso i panni sulla stessa ramata di Simone…(cino). Giovani, siate liberi.

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