PHUBBING: QUANDO LO SMARTPHONE SOSTITUISCE LE PERSONE

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“Gli uomini sono diventati gli strumenti dei loro stessi strumenti.” – Henry David Thoreau

«Il phubbing è diventato un comportamento molto diffuso tra giovani e adulti, non scandalizza nessuno perché è accettato come un gesto comune agli altri: ovunque vediamo persone sedute ai tavoli nel bar, nel ristorante, negli autobus, all’uscita di scuola e nei parchi tutti chini sullo smartphone piuttosto che parlare con l’altro; ma la cosa più preoccupante è che accade anche nelle case, durante i pasti e nei preziosi momenti di ritrovo con la famiglia, genitori e figli presi dal telefono piuttosto che dal piacere di parlare, giocare, scherzare e perché no, anche litigare. E quello che si sperimenta in famiglia poi lo si riporta anche in società.»

Afferma così la psicologa e psicoterapeuta Fausta Ciotti, esperta dell’età evolutiva. Per 40 anni ha lavorato presso il Dipartimento della Salute Mentale dell’USL di Perugia.

«Per il giovane il suo utilizzo costante è come un prolungamento della mano, una protesi: è un rifugio che protegge dalla timidezza e dalla fatica di relazionarsi ma tutto ciò, a lungo andare, può essere svilente per l’altra persona che è con noi, potrebbe sentirsi esclusa perché pensa di non essere interessante, come se fosse invisibile – dice la Ciotti – e così potrebbe dubitare sulla sua autostima creando dunque un sentimento doloroso.»

«Se il genitore usa più lo smartphone piuttosto che stare con il figlio significa che non dà l’attenzione di cui ha bisogno per la sua crescita; da piccoli siamo abituati ad essere al centro dell’attenzione e basta che qualcuno guardi lo smartphone anziché noi, affinché si crei quella consuetudine che provoca un sentimento di emarginazione e solitudine.»

Gli studiosi dell’Università Milano Bicocca avevano scoperto dati sconcertanti sulla diffusione del fenomeno. «Una droga da cui non ci si separa, se la scordano e in un attimo si sentono perse come se hanno perduto il loro oggetto di culto, una divinità che adorano.» Commenta la psicologa.

«Ci sono bambini che già hanno il cellulare in mano, ma a forza di ricorrere al suo aiuto per risolvere anche le cose più semplici non solo si è meno capaci di risolverle da soli, ma si va pure pian piano a rovinare da subito la loro infanzia e a creare un narcisismo che porta a potenziare il pensiero di pensare solo a sé stessi, mettendo solo al centro il proprio io e il disinteresse negli altri e nelle altre cose, mettendo tutto in disparte.»

«Occorre impegnarci tutti, genitori, insegnanti, educatori – conclude Fausta Ciotti – a combattere in tutti i modi la solitudine e la mancanza di rispetto. La parola “esistere” deriva dal latino ex-sisto, cioè stare al di fuori di se stessi e quindi in una trama di rapporti, – da soli non si esisterebbe – il danno non è solo in chi sente escluso ma anche chi esclude, perché rinforza quei sentimenti di narcisismo ed egoismo che dimostrano una povertà umana e civile.»

La psicologa, infine, non esita ad accennare il celebre testo de Il Piccolo Principe: «I legami – come afferma il Piccolo Principe – sono quella cosa che illumina e riscalda la vita!».

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