Parla Andrea Vannini, sostenitore di “Kids for Africa Sports Academy”
UN PONTE CON L’UGANDA

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TODI – Si chiama “Kids for Africa Sports Academy” il progetto di solidarietà che da qualche mese si sta imponendo all’attenzione pubblica, anche sui social, grazie all’attività appassionata e disinteressata di due tuderti assai noti in città, l’atleta Tilla Fries e Andrea Vannini, consigliere comunale e vigile del fuoco. 

Proprio ad Andrea, rientrato da poco tempo dal suo primo viaggio a Masajja, zone B, periferia estrema di Kampala, abbiamo fatto alcune domande per conoscere più a fondo i motivi del suo sostegno nei confronti dei bambini dell’Uganda e gli obiettivi, ambiziosi, del progetto.

In che cosa consiste esattamente il progetto “Kids for Africa Sports Academy” ?

Il progetto nasce dalla volontà di quattro ragazzi ugandesi, Marwin, John, Raymond e Aufi, che vogliono cambiare le sorti di questa periferia estrema del mondo per aiutare i bambini disagiati e orfani. Tre sono le direzioni su cui è incentrata l’iniziativa: salute, sport e istruzione.  

Grazie a contatti tessuti anche tramite internet, il progetto si è diffuso fino ad arrivare al ‘cuore’ di altri giovani, italiani e non.

Ed è grazie al loro supporto che Marwin, John, Raymond e Aufi riescono a garantire a ben 100 bambini dai 5 ai 12 anni la scuola, lo sport e il monitoraggio costante delle loro condizioni di salute. Tra questi, tre sono orfani, ma sono riusciti a trovare una casa e un sostegno anche affettivo. I materiali e le somme raccolte servono a mandare questi bambini in una scuola privata – quella pubblica è di gran lunga peggiore -, a far loro praticare uno sport,  il calcio per i maschi e il netball per le ragazze, e a curarli dalle patologie più gravi. Vermi e pertosse sono all’ordine del giorno, e i vaccini non sono contemplati. Ci sono problemi a farli mangiare: se va bene, mangiano una sola volta al giorno. Eppure mantenerli costa poco: la scuola appena 20/30 euro al mese per tre bambini orfani. 

Sono stato a Kampala per due settimane circa: qua si vive in famiglia, la mattina si va a scuola con i bambini, il pomeriggio si fa fare loro sport, con piccoli tornei dove i bambini hanno la possibilità di vincere qualcosa, ma contando unicamente sulle proprie forze. La sera si sta in casa perché fuori è una zona pericolosa. I bambini vengono sfruttati in ogni modo: molti cadono nella rete della droga, e vengono utilizzati per lo spaccio; molti spariscono di notte, venduti per pochi euro. 

Al suo fianco anche Tilla Fries, un’atleta molto conosciuta a Todi. Qual è il ruolo di Fries in questo progetto e qual è il suo?

Tilla è la prima volontaria italiana che ha sposato questo progetto con la “Tilla4marathon”, sotto le cui insegne ha corso il 2 dicembre la maratona di Valencia. È stata in Uganda per ben due volte: la prima volta nel dicembre 2017 e vi è rimasta per una ventina di giorni, il tempo necessario per farsi un’idea su come erano e sono le condizioni dei bambini e su come doveva comportarsi, una volta ritornata in Italia. A Todi ha cercato di raccogliere più materiale possibile da portare giù in Kampala. Il secondo viaggio è stato, invece, a luglio e si è trattenuta per tre mesi. Io l’ho raggiunta a settembre, affiancandola e portando sul posto ben 30 kg di materiale sportivo. 

Può raccontarci la sua esperienza in Africa a contatto con questi bambini? Qual è stato l’impatto emotivo?

L’impatto emotivo è stato fortissimo, soprattutto all’inizio, ma mi sono sentito subito a casa. I bambini sono fantastici e ti trasmettono tutto il loro amore in maniera incondizionata. In Africa ho scoperto che si vive molto più il presente: cercano di prendere il meglio da ogni momento e di questo noi ci siamo completamente dimenticati. Progettiamo, ci arrabbiamo, ce la prendiamo per tutto, vogliamo sempre di più da ogni situazione mentre lì sono grati per ogni cosa, ogni giorno, ogni momento. Non c’è ansia, poiché ognuno di loro vive l’oggi senza fare progetti per il futuro. Per loro lo star bene, in salute, è motivo di gratitudine. Questa per me è stata un’importante lezione di vita. 

Quali sono le caratteristiche e/o tradizioni dell’Uganda che le sono rimasti più impressi?

L’Uganda è una nazione bellissima. La terra rossa, i tramonti, i paesaggi… Per quanto riguarda le tradizioni dei suoi abitanti, esse sono completamente diverse dalle nostre in molti aspetti: non c’è la nostra ossessione per la cura del corpo, non ti senti gli occhi puntati addosso per come ti vesti, come mangi, come ti comporti. Sei diverso, l’unico bianco in mezzo a una comunità di neri. È tutto molto più naturale, e viverlo è veramente molto bello. 

Quali saranno gli sviluppi futuri di questo progetto? Recentemente c’è stata anche una cena di solidarietà in città per sostenerlo. Qual è stato l’esito?

Anche con l’aiuto dei social cerchiamo di far conoscere il progetto e di sensibilizzare un numero sempre maggiore di persone non solo alla raccolta di fondi, ma anche richiamando l’attenzione sui problemi con i quali la popolazione è chiamata quotidianamente a convivere, a partire dalla fame. Stiamo cercando, inoltre, di coinvolgere anche le scuole cittadine di secondo grado poiché “Kids for Africa Sports Academy” riguarda anche il tema, delicato ed estremamente importante, dei diritti umani negati.  Non è accettabile che nel 2018 un bambino non abbia nulla da mangiare: si può accettare, forse, che sia malvestito o che viva in condizioni igieniche precarie, ma non ci si può arrendere al fatto che non abbia cibo per nutrirsi. Anche per questo Tilla, nello scorso mese di novembre, ha partecipato all’Human Rights International Film Festival di Orvieto [vedi articolo di Cecilia Alma Levita ndr] dove ha avuto l’opportunità di presentare il progetto e i suoi eventuali sviluppi futuri. 

Il 14 ottobre scorso, inoltre, abbiamo organizzato una cena di beneficenza all’hotel Tuder, la cui partecipazione ha superato ogni più rosea aspettativa. Le adesioni hanno raggiunto quota 136, e il ricavato servirà per far arrivare in Uganda beni essenziali per i bambini coinvolti nel progetto.

Uno degli obiettivi, nostro e dei ragazzi di Kampala che seguono il progetto, è quello di acquistare un appezzamento di terra dove realizzare in futuro gli alloggi, un campo sportivo polivalente e una nuova scuola.  Un altro è quello di portare in Uganda con noi altre persone, altri volontari, e di riuscire a raccogliere non solo materiale sportivo, ma anche vestiario e medicinali.

Conta di tornare in Africa presto?

Sicuramente. Pensiamo di ritornare entro la fine del prossimo inverno.

 

Qui la raccolta fondi per chi voglia sostenere il progetto.

 

 

 

 

 

 

 


 

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