IL “DOCENTE ELLENICO”

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Consegna dei diplomi nell’anno scolastico 2005, l’ultimo di insegnamento del professor Retti.

TODI- Quest’anno il Liceo Classico “Jacopone da Todi” ha festeggiato il suo ottantesimo compleanno. Fondato nel lontano 1935, ha avuto un ruolo fondamentale per la città, contribuendo in maniera duratura e significativa al suo avanzamento sul piano civile, culturale e formativo. Con l’occasione abbiamo voluto intervistare uno storico insegnante del Liceo, Manfredo Retti, 74 anni di cui trentotto- dal 1967 al 2005- passati nelle aule dell’ex convento di San Fortunato. “Insegnando, ho imparato a conoscere me stesso, ed anche a correggermi e a  formarmi.  E’ stato un esercizio terapeutico che mi ha, praticamente, dato l’identità. In tal senso  devo alla scuola  più di quello che le ho dato“, ha affermato il professor Retti, che proprio alla sua scuola ha dedicato le “Primavere Elleniche”, un libro pubblicato nel 2011 che ricostruisce passo dopo passo la storia di questa Istituzione fin dalla sua fondazione.

Come è nato il Liceo “Jacopone da Todi”?

Il Liceo è stato fondato solo come Ginnasio nel 1929 e come Liceo, invece, nel 1935. E’ nato per interessamento di un tuderte, il professor Luigi Mariani, il quale convinse il Comune ad operare in tale direzione.  È stato per molto tempo l’unico Liceo di Todi, fino a quando, nel 1969, fu istituito lo Scientifico, aggregato al Classico nel 1994. Ma l’anno prima, dunque nel 1993, il Classico ancora separato aveva generato da se stesso, prima come maxisperimentazione, poi in forma stabile, il corso linguistico e soltanto quattro anni fa il Liceo ha aggiunto il corso delle Scienze Umane. Io posso parlare solo del Classico, dove ho sempre ed esclusivamente insegnato, e devo  ribadirne l’alto valore formativo, sia in senso culturale- il pensiero latino e greco è elemento fondante della nostra civiltà- sia tecnico-scientifico, data la logica e dunque la scientificità connessa alle strutture  sintattiche delle due lingue classiche.

Quale è stata la motivazione che lo ha spinto ad intraprendere la delicata professione di docente?

Un’attrazione, percepita precocemente, verso l’insegnamento e, più in generale, verso la comunicazione, unitamente all’interesse per le due  discipline di riferimento, il latino e il greco.

Quali sono, a suo parere, i vantaggi  e gli svantaggi di essere un docente? A quali caratteristiche deve rispondere?

Svantaggio è il dover rinunciare ad una carriera economica, dato lo stipendio medio-basso che si percepisce. Il  vantaggio è la bellezza della professione e il conseguente beneficio che se ne trae: umano, culturale e persino salutare. E’ una professione come poche altre viva e, in tal senso, massimamente utile alla terza età: una specie di capitale spendibile dopo. Le qualità  devono essere  un’inclinazione naturale e le competenze.   Niente missione, termine facile e fuorviante: l’insegnante non è né un attivista politico né un prete né, tantomeno, un missionario; deve coltivare un piacere, non un dovere e proprio per questo deve avere una sua vita privata ricca e multiforme, che lo renda vivo agli occhi degli alunni.

Ha notato cambiamenti significativi in questi quaranta anni vissuti nel mondo nella scuola?

Al di là di  cambiamenti tecnici e curriculari- abolizione di talune prove, aggiornamento di altre,  ritocchi di orario- fondamentale è stato l’imbrigliamento della libertà didattica in una burocrazia inutile e pesante, che non è stata creata oggi o ieri, ma è il frutto secco di un’utopia fallita, molto lontana nel tempo.  

Tra i suoi allievi c’è qualcuno di cui è particolarmente orgoglioso?

Sì, certo. Per esempio docenti universitari: Emore Paoli, latino medievale a Roma, e Fabrizio Cleri, fisica a Lille; poi giornalisti parlamentari come Anna Maria Baccarelli, cantanti lirici come Alessandro Patalini. E‘ stata mia alunna anche Catiuscia Marini, attuale presidente della Regione Umbria. Lo sono stati molti operatori culturali di Todi, messi a capo delle istituzioni più importanti, dal Museo all’Archivio alla Biblioteca. Ma la storia del Liceo è più lunga della mia personale, e  va tenuta in conto. E dunque in questa storia ci sono il cardinale Ennio Antonelli, allievo e insegnante, l’ allieva Patrizia Cavalli, una delle più note poetesse di oggi, lo storico docente e musicologo  Franco Serpa, il docente (e biblista di fama internazionale) Paolo Sacchi. Poi, ancora docenti universitari, come Marco Grondona, Massimo Peri, Giampiero Rosati. Forse qualcun altro che al momento mi sfugge.    

Si ricorda un episodio, un aneddoto che le è rimasto particolarmente impresso nella memoria?

Sul fronte del divertimento, emergono le gite scolastiche, dove mi divertivo in quell’allineamento (talvolta sovvertimento) dei ruoli non programmato ma spontaneamente praticato. Ricordo di essere, addirittura, salito una volta sul basso tetto di un albergo, per bussare alle finestre di una camera dove erano asserragliate alcune mie alunne. Ma anche divertimento in classe:  interrogazioni false, con la complicità degli altri, al  malcapitato di turno (con domande assurde, tipo la nonna di Saffo o la declinazione del verbo greco zozzonis), per poi esplodere in risate collettive e liberatorie, utili a ricaricarsi.  Poi c’è il fronte serio. Dato che non sopportavo, durante le lezioni, interruzioni esterne o rumori di corrodoio, erano famose le mie urla contro i disturbatori. Sulla pazienza, ero bifronte: moltissima ne avevo nella didattica, poca o nulla di fronte alla disattenzione, di qualsiasi genere fosse, rumorosa o silenziosa. Poi il fronte ancora più serio delle situazioni personali e private degli alunni, dove non mi tiravo mai indietro. Sono intervenuto in molte  situazioni difficili e talvolta ho anche collaborato a risolverle. Voglio però ricordare, a questo punto, quelli  (non pochi) che sono morti, anche in modo prematuro e drammatico. E tre per mano d’altri:  Anna Cruciani, Mara Calisti, Daniela Crispolti.

In questo frangente, in cui occorre affrontare i vertiginosi cambiamenti in atto nel mondo contemporaneo, connnessi anzitutto all’espansione della scienza e della tecnologia, perché sono importanti la lingua e la letteratura latina e greca? Cosa direbbe ai giovani che si accingono a scegliere il loro corso di studi?

Vale quello che ho detto poco sopra. Le due lingue classiche, per come sono strutturate, per come è la loro sintassi, per ciò che produce l’esercizio del tradurle,  sono fonte continua di logica e, come si sa, la logica è per se stessa un qualcosa di scientifico, che facilmente poi si rispecchia nelle discipline di riferimento, come la matematica e la fisica. Sarà un caso che l’unico studente tuderte  ammesso alla Sant’Anna di Pisa, che è l’equivalente scientifico  della Scuola Normale, provenga dal Liceo Classico?  Cioè Daniele Di Proietto, diplomatosi nel 2008, oggi ingegnere?

Tommaso Marconi

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